End Gender Apartheid: voci di lotta e resistenza dall’Iran e dall’Afghanistan
Incontro internazionale
In Afghanistan e in Iran, donne e ragazze vivono in una realtà di oppressione e disuguaglianza sistematica. I regimi dei Talebani e della Repubblica Islamica dell’Iran impongono norme che negano alle donne i diritti fondamentali, le privano di ogni forma di partecipazione sociale e le relegano a una condizione di subordinazione estrema. Quello che osserviamo in questi paesi non è semplicemente una serie di atti discriminatori, ma un sistema istituzionalizzato e strutturale di apartheid di genere.
In Afghanistan, le donne sono bandite dagli spazi pubblici, dalle scuole, dai luoghi di lavoro. La loro stessa esistenza è confinata entro i limiti di ciò che un regime teocratico e patriarcale considera accettabile. Le ragazze non possono frequentare le scuole, le donne non possono lavorare al di fuori della casa senza la presenza di un tutore maschio, e persino la possibilità di spostarsi liberamente è limitata. Per non parlare del rigido codice di abbigliamento.
In Iran, la situazione è altrettanto drammatica. Le donne sono soggette a leggi che regolano ogni aspetto della loro vita, dall’obbligo di indossare l’hijab alla possibilità di viaggiare, dalla scelta del lavoro all’accesso all’istruzione. Le proteste del 2022 contro il velo obbligatorio e la repressione, al grido “Donna Vita Libertà”, e le reazioni violente del regime ne sono testimonianza. Per la sua natura sistematica, strutturale ed intenzionale, l’apartheid di genere deve essere riconosciuto come crimine contro l’umanità: è questa la richiesta avanzata dalle attiviste iraniane ed afghane, che da anni chiedono questo passo fondamentale, da ultimo con la campagna End Gender Apartheid.
La definizione di apartheid nel diritto internazionale infatti non include le gerarchie di genere, ma solo quelle razziali. Questo riconoscimento non sarebbe solo simbolico: implicherebbe la possibilità di perseguire i governi a livello internazionale, di applicare sanzioni e di promuovere interventi che mettano fine a queste ingiustizie.
Il prossimo 10 ottobre, il Trattato sui crimini contro l’umanità sarà nuovamente discusso dalle Nazioni Unite, offrendo un’occasione cruciale per avanzare questa richiesta.
Chiediamo al governo italiano e al Parlamento Europeo di sostenere attivamente il riconoscimento dell’apartheid di genere come crimine contro l’umanità.
Introduce: Celeste Grossi (ARCI – Politiche di Genere)
Intervengono:
- Fereshteh Rezaeifar (Donna Vita Libertà Roma)
- Parisa Nazari (Mediatrice Interculturale e attivista del movimento Donna Vita Libertà)
- Semin Azimi (attivista)
- Shakiba (attivista di RAWA – Revolutionary Association of the Women of Afghanistan)
- Tina Marinari (Amnesty International Italia)
- Beatrice Biliato (CISDA – Coordinamento italiano a sostegno delle donne afghane)
Modera: Alessandra Fabbretti, giornalista DIRE
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